INTERVISTA A DON CLAUDIO CERIANI, PARROCO FONDATORE DELLA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE DELLA PACE

 

Carissimo don Claudio iniziamo questa piccola intervista.
Nei primi anni della parrocchia ricordi una cosa bella che ti rendeva contento?

È difficile sintetizzare una cosa ma potrei dire che mi ha sempre fatto molto piacere la cordiale collaborazione dei laici. Vedevano nel sorgere della chiesa una comunità da costruire. Aspettavano con ansia l’inizio dei lavori per la nuova chiesa ma non incominciavano mai per i tanti problemi. Il terreno era stato comprato con un mutuo ma i progetti ancora non si vedevano. La gente veniva spesso in ufficio a dirmi: “Non vediamo niente” e io indicavo una formella sulla scrivania con scritto “L’impossibile lo facciamo subito, per il miracolo ci vuole un po’ di tempo!”.

È proprio bello ricordare questo entusiasmo nelle persone! E mi sembra bello sottolinearlo anche per noi oggi, che facciamo la Comunità Pastorale. Abbiamo bisogno di ritrovare questo entusiasmo per metterci costruire la Chiesa, la Comunità.
Tornando alla chiesa: in quale anno avete incominciato a costruirla?

La costruzione vera e propria è iniziata nel mese di ottobre del 1971 ed è finita nel ‘74. Abbiamo iniziato a utilizzarla nella festa di san Giuseppe del 1975.
Ma ricordo con piacere la celebrazione della Messa di Natale un anno prima dell’inaugurazione, in pieno cantiere. L’architetto mi aveva detto che era una pazzia ma io volevo, almeno la notte di Natale, entrare a celebrare la messa perché la gente potesse vedere la chiesa. E difatti abbiamo fermato tutti i lavori, abbiamo messo un tavolo per fare l’altare, che non c’era, e la gente è entrata. “Finalmente vediamo qualcosa!” dicevano. Non c’erano neanche le finestre e le porte. Mi ricordo che una coppia di vecchietti mi ha detto “Ma che gesa giuiusa!”

Quali preti c’erano qui con te in quegli anni?

Dopo quattro anni è arrivato don Bruno Ripamonti. Era il 1970. Ha fatto 13 anni con noi e ha sviluppato la comunità nella liturgia e nella catechesi… poi c’era don Giorgio Basadonna e don Pierangelo Sequeri.
Devo ringraziare la provvidenza che mi ha dato di conoscere le Orsoline di san Carlo e così abbiamo avuto anche 3 suore. Avevo riservato loro un appartamento ed erano presenti dal sabato pomeriggio a tutta la domenica.

Raccontaci qualcosa di un’altra esperienza bella: Villa Rosella.*

Iniziativa pastoralmente indovinata, durata 35 anni, nata nel 1963 dopo il mio decennio di messa quando ero ancora alla Lourdes. Andavamo d’estate e d’inverno. Il primo turno di ragazze saliva appena finiva la scuola; poi era il turno dei ragazzi e poi entravano le famiglie fino al mese di settembre. Di nuovo si apriva per le vacanze invernali, per la Pasqua e poi durante l’anno qualche weekend per i diversi gruppi, per il Consiglio Pastorale e per le famiglie. È stata un’esperienza servita a creare comunità, a far conoscere le famiglie, a fraternizzare. Era un seme che poi durante l’anno fruttificava.

Che augurio faresti a noi che abbiamo incominciato un’esperienza di comunità meno facile e in tempi più impegnativi?

Io vi auguro che lo Spirito Santo vi aiuti. Capisco che bisogna fare iniziative nuove, modalità nuove, perché il mondo è cambiato, il COVID ha dato un a batosta, la gente è meno credente, la fede diminuita, … quindi ci vuole tanto entusiasmo, tanta costanza, speranza, buona volontà e la preghiera allo Spirito che vi sostenga.

Grazie don Claudio. Sono certo che ci accompagnerai con la tua amicizia, la tua preghiera quotidiana e anche con il ricordare le esperienze positive. Magari non si possono più fare le stesse cose di una volta ma si può avere lo stile degli inizi. È importante. Mi piaceva che parlando di villa Rosella sottolineavi l’esperienza della fraternità.

Infatti potrei concludere con questo pensiero. Io sono contento per aver potuto, grazie al cielo, attuare e concludere felicemente il mandato che il vescovo mi aveva dato ma soprattutto perché in quegli anni nella parrocchia si era creato uno stile di comunità fraterna. Anche nelle cose semplice la gente aveva uno spirito di comunione, di fraternità e di familiarità. E questo era proprio indispensabile per far vivere la fede. Anche oggi penso che proprio questa sia la cosa da riproporre. Io sono ancora a disposizione della mia comunità.

* casa di vacanze a Penia di Canazei.