Giovedì 23/5 sera al Cinema Orizzonte. Una serata di testimonianza, alcune voci giovani e adulte che hanno raccontato un viaggio breve eppure vero, intenso in Madagascar, dal 24 aprile al 5 maggio nelle missioni carmelitane. Quattro giovani della nostra pastorale giovanile, una mamma della Scuola Regina Carmeli e una suora carmelitana della Lourdes, attraverso foto e video hanno comunicato a parenti e amici ciò che sta al cuore di un’esperienza missionaria: l’incontro con gli ultimi. Il rientro nel quotidiano, sovraffollato di impegni e di scadenze, non ha impedito al cuore saggio di custodire e annunciare il dono di una esperienza umanissima, nuova di Vangelo. Potrà essere scintilla di un risveglio missionario all’insegna dell’incontro nelle nostre comunità per il nuovo anno pastorale? Questa è la domanda-desiderio di don Antonio e anche la nostra!

L’ORGANIZZAZIONE DEL VIAGGIO

Quando, nella primavera 2023, suor Fernanda ci propose di vivere un’esperienza missionaria nell’isola del Madagascar, attratti dal mondo Africano, con entusiasmo abbiamo risposto: SI! Eravamo sette: io Adele, biologa di Roma e in amicizia con suor Fernanda da Santa Maria C. V., Lorenza, una mamma della scuola Primaria, impegnata nel gruppo missionario delle mamme “M3.0”, e quattro universitari della pastorale giovanile di Milano: Giacomo, studente del quinto anno di medicina, Giovanni, studente di psicologia, Maddalena, frequentante dell’Accademia delle belle arti di Brera e Michele, studente di economia alla Bocconi.

25 aprile – 4 maggio: 10 giorni super intensi di emozioni

Dopo aver cenato con un buon panino e patatine fritte, ci siamo imbarcati sul volo intercontinentale e siamo decollati: destinazione Addis Abeba, scalo e cambio volo per raggiungere Antananarivo, capitale del Madagascar.

Viaggiare di notte è stato utile per riposare un po’ ed accusare meno il lieve fuso orario. Diverse erano le domande ed i pensieri che affollavano la nostra mente. Cosa vedremo? Cosa aspettarsi da questa esperienza? Ma l’importante era lasciare agire il Signore.

Nel sorvolare il Mar Mediterraneo, forte fu una riflessione: ci rammarichiamo perché non riusciamo a dormire bene su una comoda poltrona di aereo… e cosa provano invece tutti gli immigrati che attraversano il Mare su un gommone nel cuore della notte, spinti dalla sola speranza di riscattare la propria vita?    

 

Il 25 aprile, nel pomeriggio, siamo arrivati ad Ilanivato, un quartiere molto povero della capitale Antananarivo, distante circa 18 km dall’aeroporto. Nel percorrere la strada, da subito è stato facile toccare con mano la povertà, sia nel suo odore che nelle sue immagini. Gente riversata in strada perché privi di una casa o se presente, fatta di 1, massimo 2 camere; cumuli di spazzatura, bruciata e non, che si alternavano a banchetti di ogni tipo; vendita di scarpe e abiti usati; bambini in ogni dove; donne e uomini, chi vestiti per bene, chi con addosso sporchi stracci; neonati in braccio alle proprie madri o sorelle; il grande che guardava il piccolo; una donna che portava sul capo un cesto di frutta mentre allattava al seno una bambina; panni “lavati” nell’acqua terrosa del fiume e stesi ad asciugare sul ciglio della strada.. 

 Nell’attraversare la città, lì, su una collina, spicca l’imponente Istituto “S.te Thérèse de l’Enfant Jésus” delle Suore Carmelitane, chiamate in Madagascar dai Padri Gesuiti con l’obiettivo di promuovere la formazione. Ordine nel disordine, luce nel buio, logica nell’irrazionale.

Attività predominante dell’Istituto è la scuola dell’infanzia, elementare e media, con circa 1600 bambini. Inoltre, sono presenti la scuola promozione femminile e la casa di formazione del noviziato. Infine, il dispensario per la distribuzione dei farmaci ed un centro medico con le specialistiche di odontoiatria ed oftalmologia.

Noi, i vahini (ospiti), siamo stati accolti da bambini, suore e postulanti, in una maniera strepitosa: canti, balli, sorrisi e buon cibo sono stati il benvenuto al gruppo!

Durante la permanenza ad Ilanivato, Suor Maria con grande soddisfazione ci ha mostrato il centro medico in cui sono eseguite vaccinazioni e sorveglianza nutrizionale dei bambini, e ci ha presentato il dentista e le sue strumentazioni. Segnalava che problema ancora presente è la sterilizzazione, non facile da eseguire dato l’alto costo della corrente elettrica.

Gli alunni e gli insegnanti hanno ballato in nostro onore danze locali e cantato in italiano “Heal the World”, commuovendo tutti. Inoltre, ci hanno accompagnato nel fare il giro tra le classi. I bambini mostravano gioia e curiosità nel vederci e come premio per la loro bravura, abbiamo distribuito loro una merendina ciascuno.

Le classi erano davvero numerose, rispetto ai nostri standard europei, ma ciò che colpiva era l’educazione di queste creature: in segno di rispetto, si alzavano al nostro ingresso in aula, silenziosi ci osservavano ed ubbidienti rispondevano alle richieste dei loro maestri. Quanto c’era da imparare da loro!

Infine, Suor Maria ci ha presentato l’iniziativa della “giornata della povertà”, un incontro mensile con le famiglie più povere dei poveri per consegnare loro riso, sapone e candele. In prima persona abbiamo potuto aiutare le Suore nella distribuzione dei beni ed è stato commovente. Quelle famiglie, sebbene povere, mostravano dignità; ci insegnavano a dare valore a quanto abbiamo e a fare un uso parsimonioso dei beni, evitando gli sprechi.

 

Nuova alba, nuovo giorno. Alle 6.30 del mattino, risvegliati dai canti delle postulanti e dei bambini, dopo esserci lavati con l’acqua presa dal secchio e fatta colazione tutti insieme con delle fantastiche marmellate fatte in casa, siamo partiti alla scoperta della comunità di Itaosy, presentatoci da Suor Maria come una delle comunità più povere in Madagascar. Itaosy è un paese nella periferia ad ovest di Antananarivo in cui le Suore gestiscono la scuola professionale maschile della falegnameria e femminile di sartoria.

I ragazzi divisi in 3 classi, con entusiasmo ci hanno mostrato i piccoli utensili, scaffali e reti letto da loro costruiti. Erano vivaci e ridacchiavano tra loro. Il maestro falegname ci ha mostrato con orgoglio un piccolo progetto ideato per ottimizzare con un singolo arredo, composto di letti e tavolo da cucina, lo spazio nelle piccole case. Sorprendeva notare che tutti i lavori in legno erano costruiti “ad incastro”, senza alcun uso di colla.

Le ragazze, invece, lavoravano con ago e filo, uncinetto e macchina per cucire. Erano più timide e silenziose.

Suor Maria ci spiegava che la falegnameria ed il cucito sono due attività utili per un riscatto lavorativo futuro ma che l’acquisto di materiale scolastico e di consumo, quale legna e stoffa, costa molto. Quest’ultimo, ad oggi, è finanziato dalle offerte dei benefattori e nel momento in cui dovessero venire meno, si troverebbero obbligate a non poter offrire più questo servizio… ma il Signore è misericordioso e le aiuta!

Nel pomeriggio Suor Caterina, con paglietta in testa ed entusiasmo da vendere a chili, ci ha mostra il suo orto e i suoi animali. Il terreno rosso argilloso, organizzato in terrazze, produce verdura e frutta saporita. Polli, pulcini, tacchini, invece, colonizzano il pollaio. E scoprire l’incubatrice ideata con una scatola di cartone per la cova di uova di gallina e quaglia, è stato sorprendente, geniale!

Inutile dire che la povertà che caratterizza questa cittadina si è toccata con mano ma il clima di accoglienza delle Suore ha reso tutto più roseo.

 

Terza comunità visitata è stata quella di Ambiatibe, paese al Nord di Antananarivo. Nel raggiungerla, abbiamo attraversato numerose risaie, un bellissimo paesaggio in cui un occhio attento, poteva scorgere diverse attività in corso: chi raccoglieva il riso, chi lo batteva, bambini che nuotavano in queste grandi vasche allagate, chi si dedicava alla pesca e chi le attraversava su un piccolo battello di fortuna. 

Quindi dopo aver fatto tappa a Ambohimanga, la “collina blu”, residenza estiva del re che ha regnato dal 1797 al 1823, abbiamo pranzato con hena kisua, un piatto tipico malgascio a base di riso, carne di maiale e foglie di manioca. Quindi siamo arrivati al Santuario di Ambiatibe, edificato in memoria del missionario francese San Jacques Berthieu.

Ci è stato spiegato che imparato il malgascio, il padre gesuita iniziò ad insegnare il catechismo, visitando i poveri e i lebbrosi, celebrando i battesimi, le prime comunioni e i matrimoni, ed insegnando agli indigeni una coltivazione agricola razionale. Con lo scoppio della guerra tra i malgasci e i colonizzatori francesi, nel 1896 padre Berthieu fu torturato e fucilato dai Ménalamba, una tribù ribelle. Il suo corpo fu gettato nel fiume vicino e non più trovato.

Ad Ambiatibe, la Congregazione Carmelitana lavora insieme alla missione dei Padri Gesuiti. Le Suore curano soprattutto l’educazione e formazione dei bambini delle campagne, offrendo un pasto a quelli che vengono da più lontano, facendo due ore di cammino a piedi. Inoltre, contribuiscono alle attività del centro di spiritualità che accoglie le migliaia di pellegrini che vengono a pregare sulla tomba del Santo.

Progetto in atto è la ristrutturazione della cucina, allo scopo di creare un grande refettorio che possa offrire più di 200 pasti ad oggi già realizzati.

La domenica mattina abbiamo avuto modo di seguire la Messa malgascia, in cui il canto predomina. Ci ha colpito notare come l’assemblea si trasformi in un grande coro a quattro voci. Padre Christian ci ha presentato alla comunità e durante l’omelia in inglese, ci ha esortato ad essere testimonianza, a compiere gesti di carità per amore e non idolatria. Particolare è stato il momento dell’offertorio, durante il quale l’assemblea è andata all’altare per lasciare la propria offerta, anche se di pochi ariary.

Nel pomeriggio, poi, abbiamo avuto la possibilità di conoscere le famiglie dei bambini che seguono la scuola e di essere accolti nelle loro case con la massima ospitalità. Bambini che sorridevano e non facevano alcun capriccio; mamme che piangevano di gioia per aver donato al figlio un futuro migliore tramite la scuola; papà che parlavano a nome della famiglia e ci ringraziavano per gli aiuti ricevuti, occasione di riscatto.

In campagna la povertà sembrava più dignitosa. Anche se tutto è più “polveroso”, si avvertiva maggiormente l’appartenenza ad una comunità, l’aiuto tra famiglie. Le piccole coltivazioni di riso, legumi e patate dolci assicurano un pasto.

Infine, abbiamo visitato il dispensario in cui diverse persone erano in attesa di essere visitate. Abbiamo seguito la visita di un bambino con una forte otite e addome gonfio per i vermi, accompagnato dal papà con sette ore di cammino. Ha colpito osservare l’attenzione e l’amore mostrati dalla suora nel visitarlo e venire a capire che le cure frequentemente sono a base di erbe medicinali, essendo i farmaci a pagamento e non sempre facili da reperire.

 

A proposito di valutazione della situazione sanitaria, nel rientrare da Ambiatibe, abbiamo fatto tappa all’ospedale di Atalanana, in cui alcune suore Carmelitane offrono servizio come infermiere. È stato forte scoprire che in ospedale non c’è acqua corrente, che le camere di reparto non hanno funzionali letti ortopedici ma brande, che il paziente e i suoi familiari devono portarsi coperte e cibo durante la degenza, che le medicine e gli interventi sono tutti a pagamento e che le persone arrivano ad indebitarsi per tentare le cure, in molti casi già troppo tardive. 

 

Quarto ed ultimo paese visitato è stata Andasibe, paese ad Est di Antananarivo, in cui è presente la comunità carmelitana “Notre Dame de Madagascar”. Attivi sono la scuola dell’infanzia, elementare, media e liceo, e un piccolo centro di cucito per la promozione femminile. Viva è la catechesi parrocchiale e la pastorale di evangelizzazione al centro e in alcuni villaggi. Inoltre, sono presenti un servizio infermieristico ambulatoriale e un collegio, gestito con grade cuore dal preside della scuola, aiutato dalla moglie.

Emozionante è stato ritrovarsi tra le proprie braccia la figlia del preside, il cui sguardo era dolce ed intelligente.

Nel fare un’intervista alle Suore di questa comunità, ha colpito ascoltare che la preoccupazione più grande sia il notare che i malati non vengano a curarsi, anche se gratis, mentre la gioia più grande è vedere molte persone che vengono a seguire la Messa.

Come ci diceva una suora, ogni cosa ha un inizio ed una fine.

 

Alla conclusione del viaggio tra le comunità, è chiaro un messaggio: le forme di servizio apostolico-pastorale assunte in terra di missione sono suggerite dalle esigenze del luogo, segnalate dalle autorità ecclesiastiche e civili. Queste devono essere scelte con discernimento secondo le possibilità dell’Istituto, in base alle competenze delle comunità locali.

Diverse sono le emozioni provate e delle domande fanno ancora eco: chi è il vero ricco e il vero povero? Cosa è più difficile gestire, la povertà materiale o quella spirituale? Come sostenere queste popolazioni, quando la politica e l’interesse economico sembrano remare contro le esigenze reali della vita?

Lo stile di vita delle Suore, semplice, di fede pura ed incondizionata, è stato un grande insegnamento per tutti noi. L’affidarsi totalmente a Dio dà loro la forza di essere positive e di affrontare le varie avversità che si incontrano nella vita. 

“Sperare contro ogni speranza” era il motto di Giorgio la Pira, a cui ricorrono le suore Carmelitane che quotidianamente e coraggiosamente osano l’inosabile. 

 

Alcune risonanze personali dal viaggio:

Adele Salemme

Diverse sono le emozioni provate nei 10 giorni trascorsi in Madagascar:

GIOIA, nell’essere accolta con la massima ospitalità dalle comunità delle Suore Carmelitane e dalle famiglie dei bambini. La gioia, forte nel canto, nel ballo, nei sorrisi che inondavano il viso di grandi e piccini; nelle lacrime di riconoscenza dei genitori che hanno potuto mandare il proprio figlio a scuola grazie alle adozioni.

IMPOTENZA, provata quando, passeggiando per Antananarivo, notai esserci in strada, nella miseria, un numero di bambini maggiore di quelli seguite nelle scuole; o nel realizzare che dagli ospedali escono più morti che persone guarite.

DOLORE per la povertà. Povertà presente nel cattivo odore avvertito mentre si cammina per strada; nel bambino che indossa un ordinato grembiule ma con alle spalle uno zaino rotto e con addosso dei vestiti laceri; nel malato che non ha soldi per curarsi in ospedale.

SORPRESA, provata quando ho visto uscire centinaia e centinaia di bambini da scuola; quando i bambini mi hanno toccato con curiosità la pelle bianca ed i capelli lisci; quando una bambina ha preso la mia mano per accarezzare il suo viso.

SPERANZA, che ispira a fare l’impossibile; che ti mantiene ancora vivo; che tramite la preghiera permette di andare avanti nei momenti difficili; che tramite l’educazione e la formazione permette di riscattare la persona.

I felici giorni trascorsi in Madagascar sono volati!

Ringrazio le suore Carmelitane per avermi accompagnato con spiegazioni e sorrisi in questo breve cammino, permettendomi di capire meglio le abitudini e le esigenze locali.

Ringrazio la cara Suor Fernanda per avermi proposto questa esperienza, permettendomi di realizzare un sogno che covavo nel cuore ma che non ammettevo a me stessa di voler vivere.

Ringrazio “Madame” Lorenza, il “gioiellino” Maddalena, Il “Doc” Giacomo, Giovanni “psico” e Michele, “Christian” per gli amici, per l’essere stati un gruppo unito, in sintonia, con cui ho potuto condividere riflessioni e risate senza sentirmi in imbarazzo o difficoltà.

Maddalena

A 12 ore di volo da qui , in Madagascar, ci siamo trovati immersi in un altro mondo.

Abbiamo conosciuto le suore carmelitane a Ilanivato: eravamo a casa , in una famiglia che ci ha accolti da subito con occhi gioiosi…così in tutte le comunità.

Tanti sorrisi…risate…

Riconoscono il valore immenso delle persone e della vita.

La povertà l’abbiamo toccata con mano, sconvolge…bambini con addosso stracci, vestiti sporchi e bucati… gente per strada a vendere quello che gli capita tra le mani,

si vive alla giornata.

Addosso una tristezza e impotenza infinita.

Da dove cominciare?

In questa desolazione c’è però una piccola fiamma accesa dalle suore: la scuola.

Dare a bambini e ragazzi una possibilità, una luce.

Bimbi che lottano, studiando.

Bimbi che lottano a ritmo di sorrisi e balli.

Bimbi che ti sorridono e ti prendono la mano…

Perché nel buio più profondo si possa accendere anche solo una scintilla. L’entusiasmo e la gioia di queste persone è la speranza che mi porto nel cuore.

Sperare, nonostante tutto.

Grazie Signore di questo dono.

 Giacomo:

Questo viaggio in Madagascar è stato un’esperienza che mi ha segnato profondamente per varie ragioni: la gioia dei bambini che non hanno nulla, la calorosa accoglienza delle loro famiglie, l’ospitalità festosa e il clima familiare in tutte le comunità delle suore…

 Se dovessi scegliere ciò che mi ha colpito di più sicuramente parlerei della visita all’ospedale di Atalanana, dove lavorano alcune suore della comunità di Befalatanana come infermiere caposala di alcuni reparti ospedalieri.

In primo luogo sono rimasto stupito per le condizioni in cui si trovano i malati: l’ospedale non fornisce né il cibo né le lenzuola per i malati che se li devono procurare autonomamente, inoltre tutte le spese per le prestazioni e i farmaci sono interamente a carico del paziente (altroché il nostro sistema sanitario!!). Infatti le suore in questi reparti forniscono gratuitamente i farmaci e le prestazioni a coloro che non possono permetterselo.

Aldilà dell’aspetto economico, comunque non irrilevante visto che davvero salva la vita ai più poveri, mi ha ancora più sorpreso l’atteggiamento delle suore: anche di fronte a questo ambiente incredibilmente scoraggiante e disumano continuano a lavorare incessantemente, appagate dalla gratitudine di chi curano e con la speranza che qualcosa possa davvero cambiare nonostante tutte le ostilità.

Michele

La prima cosa che ti colpisce del Madagascar è la terra rossa, questa terra che si vede già dall’aereo, non appena metti piede a terra inizia ad insinuarsi dappertutto, ed, usciti dall’aeroporto, avvolti in queste nuvole di polvere si vedono immediatamente bambini che giocano.

I bambini qui sono ovunque: sul bordo della strada, nel fiume a nuotare, seduti in banchetti di fortuna con la speranza di vendere qualcosa e anche nella spazzatura.

Molti di essi sono sporchi, altri più puliti altri ancora, sotto la divisa della scuola, portano stracci che in Italia useremmo per asciugare il pavimento, tutti però hanno due tratti comuni: gli occhi ed il sorriso.

Occhi grandi come fanali in cui è facile perdersi e poi il sorriso, un sorriso simbolo di una gioia vera, il sorriso di chi, nonostante non abbia niente, trova qualcosa per cui essere felice.

Tra tutti i regali che mi porto a casa, il ricordo di questo sorriso è sicuramente il piú prezioso, nella speranza di riuscire un giorno a godere delle piccole cose come fanno questi bambini.

Giovanni

I giorni che ho trascorso in Madagascar sono stati ricchi di tante emozioni diverse, a volte perfino contrastanti tra loro.

Rientrando a casa, mi rendo conto di quanto sia stato impegnativo per me entrare in contatto con le realtà complesse di questa terra e mi ritengo fortunato, perché ho trovato l’accoglienza e la guida di una comunità che mi ha accompagnato nel conoscere i volti, le risorse e le sfide dei contesti in cui opera.

 Per me, vivere con le comunità che ci hanno accolto è stato un dono speciale e, al termine di questa esperienza, porto a casa con me il coraggio e la forza d’animo che hanno saputo trasmettermi con le loro parole, le loro opere e i loro gesti.

Il coraggio e la forza d’animo di chi non volta le spalle, di chi sa stare davvero accanto alle persone, con lo sguardo attento e sensibile di chi vuole bene.

Ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno accolto nella propria terra e nella propria casa a braccia aperte e non dimentico i loro sorrisi.

Suor Fernanda

Per me questo viaggio ha significato tanto: l’ho vissuto come un dono, desiderato e custodito nel cuore da anni.

Poter vivere questa piccolissima missione insieme ad alcuni giovani e amici con i quali condivido nel quotidiano uno sguardo di speranza sul futuro, in una realtà sociale esigente e individualista, ha dato volto a quel desiderio di camminare insieme come Chiesa povera e missionaria.

Lì mi ha commosso l’accoglienza e la gioia delle sorelle, inaspettata perché ricca di umanità e al di là delle loro possibilità quotidiane: eravamo gli ospiti d’onore a cui riservare i cibi più buoni, i doni più belli, le attenzioni più delicate. Poter mangiare e pregare insieme con le suore a porte aperte, visitare le famiglie nelle loro case, camminare per le strade polverose che raccontano di una vita che vuole solo avere una possibilità di esistere, ascoltare le storie delle tante persone piccole e grandi che bussano alla porta delle comunità e che le suore cercano di ascoltare e custodire…tutto questo e altro mi ha allargato il cuore. Ho toccato con mano come davvero una rete di solidarietà semplicemente umana, evangelica, è quanto di più semplice e insieme possibile che permette a questi due mondi così diversi, quello italiano e quello delle missioni, di conoscersi e arricchirsi reciprocamente. Grazie per questa possibilità! Grazie! Grazie! Chissà che ci sarà dato di avere un passo e un cuore da missionari anche nelle strade delle nostre comunità! Lo spero…

 Lorenza

Faccio ancora fatica a parlare di questa meravigliosa esperienza per paura di non poter custodire e conservare tutte le emozioni, i ricordi, gli sguardi e le attenzioni che abbiamo ricevuto in dono durante questo viaggio.

Sono arrivata in Madagascar con la curiosità di osservare e vivere una realtà molto distante dalla mia quotidianità di mamma e donna che lavora in una città frenetica e ricca come Milano spesso basata sulle apparenze e sul consumismo sfrenato.

Nulla mi sarei mai immaginata di quello che ho vissuto in questi 10 giorni, e che sicuramente hanno lasciato un segno profondo ed indelebile nella mia vita.

BAMBINI: Gli occhi e gli sguardi curiosi dei bambini sono stati la meraviglia e la scoperta di quest’avventura; i sorrisi e le grida di gioia mi hanno accompagnato e soprattutto aperto il cuore. Le loro voci nei cori delle canzoni, le loro movenze nei balli eseguiti in modo aggraziato e con grande partecipazione, la loro educazione e i loro abbracci mi hanno fatto sentire meno la malinconia della mia famiglia.

GENITORI: Essendo mamma e conoscendo la responsabilità del ruolo, mi sono immedesimata nelle persone che ho incontrato e che cercano giorno dopo giorno di fare uno sforzo immenso per garantire un futuro migliore ai loro figli. Ho abbracciato delle mamme che hanno aperto le loro case e i loro cuori, condividendo la loro storia e trasmettendomi le loro emozioni.

LAVORATORI: Ho incontrato persone che dedicano la loro vita ad aiutare come i medici e le infermiere ma anche gli insegnanti e le educatrici che si impegnano ad educare e formare i bambini, i ragazzi e i giovani verso un futuro seppur incerto ma ricco di speranze; cuoche e guardiani che supportano e assistono le missioni umanitarie al fine di concedere a tutti un pasto e la sicurezza di stare in un luogo protetto.

SUORE: Ho conosciuto tante Suore Carmelitane che hanno fatto della missione il motivo della loro esistenza a servizio degli altri e che accolgono, sostengono, educano e curano gli altri perché tutti abbiano la speranza di guardare all’avvenire consapevoli che ci sia una luce che li guidi lungo il cammino.

Un ringraziamento speciale ai miei Compagni di viaggio per aver reso tutto questo indimenticabile.

I momenti vissuti insieme sono stati un susseguirsi di emozioni di gioia, stupore, incredulità e a volte sconforto ma oggi più che mai ho la certezza nel cuore di continuare a pensare: cosa possiamo fare insieme per aiutarli?”